Federica Caladea

NELLA LOTTA CONTRO IL TUMORE, IL SORRISO SI RITROVA ANCHE ONLINE

Il racconto del primo laboratorio sul web della Onlus impegnata per la bellezza delle donne che affrontano il cancro, nelle parole dell’avvocato-influencer che ha potuto assistere in anteprima.

di Federica CALADEALA

Sguardi che si incrociano, sorrisi timidi, qualche esitazione nel prendere la parola, poche frasi e sus-surrate nel timore di accavallarsi. I primi minuti in un luogo che non si conosce sono sempre all’insegna dell’imbarazzo, anche se quel luogo è virtuale. Poi, all’improvviso, l’atmosfera si distende, le spalle si ab-bassano, i sorrisi si aprono, scompaiono le distanze ge-ografiche e anagrafiche, ci si chiama per nome come se quei nomi li avessimo pronunciati mille volte.

E forse è proprio così. Perché Anna, Margherita, Benedetta, Elisa, Federica sono nomi che evocano tutte le donne che fanno o hanno fatto parte della nostra vita e portiamo nel cuore. È iniziata in questo modo la mia prima volta in un laboratorio di bellezza per donne in trattamento oncologico organizzato da La forza e il sorriso Onlus, a sua volta, alla prima esperienza online, a causa dell’emergenza sanitaria. Si tratta di laboratori gratuiti che, normalmente, si svolgono in presenza, presso ospedali e associazioni di tutta Italia, in un’unica seduta guidata da una consulente di bellezza e accompagnata da una psicologa. L’obiettivo è quello di fornire alle donne sottoposte a terapie oncologiche informazioni, idee e consigli di bellezza per affrontare gli effetti che immancabilmente subiscono durante il loro difficile percorso, aiutandole a rivedersi belle, ritrovare l’autostima e la fiducia in sé stesse. L’idea dei laboratori di bellezza è nata negli Stati Uniti nel 1987, quando un medico si è reso conto che lo stato di abbandono e la sfiducia che avevano colpito una sua paziente sotto trattamento oncologico non andavano sottovalutati, ma considerati alla stregua degli altri effetti collaterali. Appellandosi al presidente del CTFA, oggi Personal Care Products Council Foundation – associazione statunitense analoga a Cosmetica Italia – il medico ha ottenuto il supporto di un make-up artist che, spronando la donna alla cura e alla valorizzazione della sua persona, ha stimolato in lei una nuova forza per affrontare la malattia. Il successo dell’esperimento è stato l’inizio di un fenomeno che presto si è diffuso in tutto il mondo e che solo in Italia, dal 2007, ha visto la partecipazione di oltre 18.000 donne in circa 4.000 incontri.

Tornando alla mia personale esperienza, pur consapevole che nella modalità online inevitabilmente manchi il “calore” dato dalla presenza fisica, sono rimasta colpita dalla velocità e dalla naturalezza con la quale l’imbarazzo iniziale, dovuto all’incontro con persone sconosciute, sia scivolato via per lasciare posto ad una sensazione di totale relax e benessere. Non c’erano ruoli, funzioni o etichette da mettere in mostra. Eravamo semplicemente dieci donne che chiacchieravano di make-up, condividendo ciascuna la propria esperienza e confrontandosi sui medesimi dubbi, con la consapevolezza che ciò che stavamo facendo fosse solo in apparenza connotato da frivolezza. Dietro ai nostri monitor, di superficiale, non c’era proprio nulla. Lo sapevamo guardando Margherita e Claudia, le due donne in trattamento oncologico che hanno deciso di partecipare al laboratorio e mettere in pratica i preziosi consigli di bellezza della beauty coach Elisa Bonandini. Abbiamo seguito affascinate la loro piccola, grande trasformazione e abbiamo notato che i loro visi gradualmente si illuminavano, certe che non si trattasse solo della magia del make-up. La conferma è arrivata con la frase di una delle partecipanti, al termine della sessione: “Era da tanto che non mi vedevo così bella!”.

Quelle parole, come una freccia che scocca dritta e secca, hanno colpito i nostri cuori e inumidito gli occhi. Sì, chiamarli laboratori di bellezza è riduttivo perché in quelle due ore e mezza la complicità, la positività e la sinergia che si crea tra le partecipanti è unica. Si può toccare con mano quel filo invisibile che lega tutte noi, consentendoci di vedere oltre le apparenze ed empatizzare al di là delle parole dette e delle esperienze vissute. Se i visi si illuminano è perché qualcosa si è smosso dentro e se qualcosa si è smosso dentro, pensando al calvario psicologico e fisico che la malattia ti costringe a vivere, allora, sì, chiamarli laboratori di bellezza è davvero riduttivo. Io ci intravedo una piccola ma significativa rinascita.