Cosmetica, le sfide (non più rimandabili) della sostenibilità ambientale

Industry, impresa e prodotto: un approccio olistico, integrato e scientifico a guidare i piani d’azione del settore

Di Simone Pedrazzini, Direttore Quantis Italia, e Alessandro Strada, Sustainability & Business Developer Quantis Italia

Siamo a un punto di svolta: se fino a pochi anni fa la sostenibilità era un obiettivo perseguito dalle aziende in modo discontinuo, ora è una strada maestra, entrata nelle agende di organizzazioni sovranazionali, governi e nelle politiche industriali. Il Green Deal Europeo, il piano dell’Unione Europea per trasformare l’economia del Vecchio Continente in un’ottica di sostenibilità, ha come scopo principale il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, ma non solo: protezione della biodiversità, eliminazione delle sostanze tossiche, tutela delle risorse idriche, mobilità sostenibile e circolarità sono altri pilastri di un piano d’azione che avrà sempre più impatto sui cittadini europei ed eserciterà crescenti pressioni sul business.
Si tratta di una sfida per tutti i settori industriali e anche la cosmetica ha una partita importante da giocare. Sfida, però, significa anche opportunità di percorrere strade davvero innovative, contando, ad esempio, su nuovi asset offerti dalla finanza sostenibile o dalle risorse allocate da Next Generation EU: 209 miliardi per l’Italia, di cui il 37% dovrà essere destinato proprio a decarbonizzazione e sostenibilità ambientale.  Nella cosmetica, secondo un’indagine di Cosmetica Italia dello scorso febbraio, la sostenibilità è classificata come la priorità più importante dal 18,9% degli intervistati, aziende e altri protagonisti del settore (era il 13,2% nel 2018).
L’industry della cosmetica, quindi, deve cogliere la sfida. Come? Finora la maggior parte delle azioni si è concentrata sul prodotto finale, ma questo è solo una parte, per quanto importante, della questione. Serve invece un approccio olistico. Plasmare un futuro davvero sostenibile per l’industria cosmetica richiede infatti azioni su tre livelli: industry, impresa e prodotto.

Industry
Il contributo del settore cosmetico alle emissioni globali di gas serra è compreso tra lo 0,5% e l’1,5% (stime Quantis, Make Up the Future Report), ma sono necessari dati aggiuntivi per comprendere l’impatto complessivo del settore. Da queste prime stime, tuttavia, emergono in modo chiaro le aree della catena del valore in cui soluzioni innovative e science-based possono fare la differenza in termini di decarbonizzazione: dalle materie prime (che impattano per il 10% sulle emissioni del settore) al packaging (20%), fino al trasporto (10%) e alla fase d’uso del prodotto (40%, stime Quantis). Ecco, quindi, un prerequisito indispensabile: avere più dati, e di qualità, per individuare i punti “critici” della filiera, e da quelli partire per definire obiettivi e azioni sistemiche che capitalizzino le esperienze positive delle aziende, oggi ancora troppo frammentate. Ciò̀ che si può̀ misurare, infatti, si può̀ gestire.

Impresa
L’approccio data-driven è fondamentale anche a livello corporate. Come procedere? Misurando l’impatto ambientale dell’intera catena del valore; definendo obiettivi di mitigazione allineati alla scienza; assicurandosi che le strategie di sostenibilità̀ siano integrate in tutti i processi aziendali e monitorandone i progressi. Un approccio scientifico alla sostenibilità si traduce anche in trasparenza, alla base della fiducia dei consumatori, che sempre più applicano alla cosmetica la logica che usano per gli alimenti: se gli ingredienti non sono riconoscibili e i loro impatti chiari, probabilmente preferiranno altri prodotti. Altro elemento chiave è la definizione di obiettivi ambiziosi e piani d’azione concreti che vadano oltre al climate change: lavorando solo sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, si rischia di trascurare altri elementi fondamentali. Come il consumo di acqua, risorsa essenziale per la cosmetica e scarsa per il pianeta o la tutela della biodiversità̀.


Prodotto

Last but not least, il prodotto resta un nodo centrale, il terzo livello dell’approccio olistico alla sostenibilità nella cosmetica. Per creare prodotti con solide performance ambientali, la sostenibilità̀ deve entrare in ogni fase del ciclo di vita, dalla formulazione alla distribuzione, dalla fase d'uso al fine vita. Sfatando alcuni “falsi miti”, a partire dal più ricorrente: “naturale” o sostenibile? La naturalità sembrerebbe un prerequisito essenziale, ma non equivale necessariamente a un indicatore di migliore performance ambientale del prodotto: gli “ingredienti naturali” possono talvolta avere, ad esempio, un impatto più elevato in termini di emissioni, uso del suolo e acqua. In alcuni casi, i materiali sintetici possono offrire un’alternativa con minore impatto, senza compromettere la qualità̀.

Altro aspetto essenziale è il packaging, che rappresenta una quota significativa dell’impronta ecologica del prodotto. Gli aspetti di cui tener conto? Preferire soluzioni di riutilizzo e refill, con attenzione alla riciclabilità̀; semplificare il design per ridurre componenti e materiali; considerare i processi di finitura, che nel caso della metallizzazione hanno un impatto elevato. Senza dimenticare gli anelli a valle nel ciclo di vita del prodotto: dalla distribuzione, un hotspot ambientale sempre più rilevante con la diffusione dell’e-commerce, all’allestimento del punto di vendita, dove occorre andare oltre all’efficienza energetica in ottica eco-design. Anche nella fase d’uso ci sono ampi margini di miglioramento, ad esempio attraverso contenitori che rendano più facile l’utilizzo di tutto il prodotto. In ultimo, il fine vita: i prodotti infatti hanno un impatto sull’ambiente anche dopo l’uso, a causa di residui più difficilmente biodegradabili o di packaging non riciclabili.

La strada aperta da molte pratiche aziendali virtuose e da normative sempre più attente all’impatto ambientale è ricca di stimoli e opportunità. Non serve più adeguarsi perché “occorre farlo”, ricorrendo a scorciatoie rapide ma poco efficaci: si tratta invece di abbracciare con convinzione un’occasione di crescita e innovazione; un’occasione preziosa e unica di investire in ricerca, formazione, soluzioni collaborative. Per la crescita del settore e per il bene del pianeta.